Cosa sappiamo di lui e cosa ci dicono le sue mani? Marchionne ha sempre parlato poco della sua vita privata, d’altronde era sempre in movimento ed impegnato negli ultimi anni con FIAT/FCA. Possiamo però tracciare un suo profilo imparziale osservando le sue mani, come è possibile vedere dalle sue foto pubbliche.
Persona concreta che si è formato in filosofia e in giurisprudenza ma poi ha completato e diretto le sue competenze in amministrazione aziendale e finanziaria. Si sa di lui che era da circa un anno in cura all’ospedale di Zurigo ma era già residente in Svizzera dal suo primo incarico dirigenziale in Europa.
Provvisto di pensiero ordinato e con buona capacità di tenere sotto controllo le persone, era una persona di forte passionalità e con una riserva di energia piuttosto ampia. Nel raggiungere la sua posizione non ha costruito una positiva immagine pubblica, anzi, ma attraverso le sue doti intuitive, di pensiero equilibrato, le sue capacità di negoziazione, una certa capacità artistica e al fortissimo desiderio di acquisizione, nonché alla sua predisposizione ad approfittare delle relazioni, sfruttando chi gli era vicino.
Carattere chiuso e poco flessibile nel pensiero, non era disposto a spartire il potere mantenendo sotto stretto controllo la ‘sua’ azienda. Dotato inoltre di caparbietà e resistenza era destinato a vincere nel confronto con chi era meno dotato di volontà. La sua predisposizione a viaggiare è stato un forte sostegno nel suo rapporto con Fiat/FCA negli spostamenti dagli Usa all’Europa per mantenere il controllo del gruppo.
Sempre sorridente nelle foto quasi a identificare una scelta di immagine positiva è però sempre presente una conformazione delle mani in cui trapela però l’indisponibilita al compromesso.
Sul piano sentimentale il suo nuovo rapporto non era destinato a formalizzarsi e forse anche a non durare perché la persona Marchionne era ‘sposato’ con il suo lavoro. Pur essendo un dirigente molto esigente non esercitava il controllo imponendosi bensì con l’esempio e l’inflessibilità: chi lavorava con lui doveva sacrificare la propria vita al lavoro.
Marchione avrebbe potuto salvarsi dal suo male o era destinato a soccombere? Ovviamente la malattia non era delle più semplici e la cura non era di quelle poco invasive, perciò il suo male era destinato a protrarsi assieme alle cure per un periodo abbastanza lungo, qualche anno, e l’avrebbe costretto a cambiare vita, o quantomeno, a sentire il bisogno di cambiare ritmo e modo di lavoro, tenuto conto anche del traguardo raggiunto e dal guadagno raccolto. Data la sua grande energia e resistenza fisica e la ‘facilità’ delle sue acquisizioni, ha sopravvalutato la difficoltà del suo male e la necessità di cambiare passo, come altri manager di alto livello e successo, ad esempio Marisa Bellisario, che sono rimasti al lavoro fino alla conclusione nefasta della malattia.